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ANNA SENZA FILI

C'era una volta Mangiafuoco. C'era tutta quella gente ancora appiccicata ai pensieri degli uomini. C'era Carla con gli occhi plumbei, incastrata a ripensare alla manopola d'acciaio. "Girata a destra, girata a sinistra", dove l'ha girata prima di uscire di casa? L'ha toccata, questo se lo ricorda, poi Anna con quel codino che non riesce a legare dritto, poi il cappotto, poi le chiavi e la macchina che parte strillando, sì, ma la manopola? C'era Andrea, buttato in un angolo accanto a Carla, impresso nel sedile come ce l'avessero tirato con la forza. Papà che tradisce mamma e forse lui che non riesce più ad odiarlo. "Ero con te ieri pomeriggio!" gli aveva detto con segno d'intesa: "Sì" aveva risposto Andrea. Ed era come si fossero stretti la mano, da uomo a uomo. "Da uomo a uomo" e adesso Andrea lo sapeva cosa quella parola proprio non voleva dire. Dietro c'era Albert con la sua cravatta antracite, inceppato a ripetere quattro frasette che al colloquio doveva dire. Dalla sera che ci pensa e nel bagno Helena che finalmente avrebbe avuto un appartamento con due stanze, dove le lenzuola non sanno di zucchine e lui che "Sono la persona giusta per questo lavoro!". C'era Angela in piedi, con la bocca vermiglia. Incastrata tra la porta e la balaustra dei sedili. I capelli stirati a leccare le spalle, con la lampo calata a far sbuffare la camicetta e respirare le grandi tette. Pensa a Paola, a come dirle che "È stato lui a baciare me", che lei, Angela Settefonti, non aveva fatto niente. L'aveva guardato sì, aveva sorriso; lei era bella, sì, ma "Non ho fatto niente!". C'era Mario e c'era quella bestia del suo capo, che non poteva non pensarci che era "un cane" che lo faceva rientrare dalla malattia perché il figlio aveva un esame. I pantaloni impiastrati di calce secca, incasellato nel suo sedile che si tocca la fronte che scotta e vorrebbe andare a casa. Pensa alle polpette di mamma e con le punte delle dita già sente il freddo che fa fuori, che il cantiere è il posto più freddo del mondo, che "Oggi niente polpette, cazzo!". C'era Rita in piedi in precario equilibrio e Marta e Aldo e Rami che va a scuola e che fa il quarto, il 4°E Classico. C'era Fabio davanti a Rami e poi c'era Mangiafuoco, impacchettato nella giacca di velluto e nel T4 plastico, coi fili che passano e sono un tutt'uno con le vene che stanno sotto la pelle, le une e gli altri: fanno girare le emozioni di quella piccola perfetta bomba che è il suo corpo. C'era Corina alla destra di Mangiafuoco e davanti a lui c'era Anna. Piccola, taciturna, assonnata Anna. Con un codino che ancora non riusciva a legare bene, col pizzo del grembiule che pare un vestitino e le piace come si poggia sulle calze. È "molto carina oggi!". Anna sta dritta sul sedile, rosicchia le nocche di Carla perché gioca al leone. Mastica per finta col buco del canino perso e fissa l'uomo che le siede davanti e quello ricambia l'attenzione e lei gli guarda un poco dentro agli occhi e un poco dentro al cuore e un poco nella bomba che sta nei suoi pensieri e sotto la sua giacca. Ma Mangiafuoco non vede Anna, solo un altro fantoccio, come Albert e Rita e Angela e Rami che va a scuola, tutti di legno, tutti coi fili intrecciati adesso, attorcigliati nella sua mano destra, nel suo detonatore. Anna ha smesso di essere un leone e stringe forte la mano di mamma che pensa alla manopola del gas, accanto ad Andrea che pensa al padre, in mezzo a tutta quella gente della metropolitana che a quell'ora comincia un'altra giornata e pensa, pensa i pensieri degli uomini e si scorda di pensare che quello sarà il suo ultimo pensiero. Anna alza la mano a pugno che ha la perfetta grandezza del suo cuore ed impiega l'indice per darsi la forza che quel cuore pensava di non avere. << Mangiafuoco. >> fa Anna quasi in un sospiro indicando l'uomo di acido nitrico e esametilnetramina. Col detonatore al posto di un pensiero. << Cosa dici? Non si indica? >> Carla imbarazzata, impugnando la manina inquisitoria. << Mangiafuoco! >> ripete la bimba con più vigore. Il Burattinaio di quella mattina di novembre scivola un istante. Perché Anna ha gli occhi plumbei di sua madre e adesso piovono silenziosi, senza bisogno di tuoni e di lamenti. Mangiafuoco stringe il detonatore, gelido, nella tasca destra. Il treno si ferma ed è la sua fermata, è la fermata di tutti. Anna strattonata da una madre mortificata scende dalla seduta altissima e i talloni le si illuminano. È il momento di tirare i fili, ma Anna sta scendendo e forse il Burattinaio può scegliere chi muore, ma pure chi vive: Anna dovrà pensare ancora tanti tanti pensieri degli uomini e lei da oggi, ogni pensiero, lo saprà che può essere l'ultimo pensiero. Anna imparerà a legare quel codino. Il Mastro allenta la stretta della destra quel tanto che basta a veder scivolare Anna fuori dal treno. Lascia il filo del suo destino, le porte si chiudono e la gomma cerniera gli toglie gli occhi di Anna. Il sipario cala Signori e Signore. Mangiafuoco già vede il successo, i titoli, la fama. Chiude gli occhi e l'applauso detona. Nessuna replica al suo capolavoro.


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