top of page

La favola di Sara [il grillo che non parla]

Sarebbe stato tanto bello se le avesse detto che sì, la voleva per sé. Se dopo tutto quel sudore l'avesse tenuta stretta a consolarla dell'orgasmo che non sapeva godersi. Adesso se lo passa in testa quel film, strizzata nei jeans e l'etichetta stronza le pizzica l'osso sacro. L'asfalto le gratta le Converse e una lacrima le prude l'occhio, perché non lo sa che lei è una donna vera adesso. Sara struscia la felpa sull'occhio e il mascara le timbra SCEMA sulla manica. La stecca del volume a metà strada non le basta: con l'indice la striscia al limite e si spara la musica dritta fino al buco dell'anima. Non era bello fare il sesso. Pure se ci aveva messo l'amore lei, quello che conosceva, ce l'aveva ficcato a forza tra gli schiocchi dei baci. E certo che lui l'aveva detto che la favola era finita. Glielo diceva pure che non le sorrideva più come sapevano loro, con quella sensazione di casa a cui tornare, di plaid scozzese a coprire i piedi. Ma lei lo voleva vedere coi suoi occhi come ti fa a passare l'amore. Che fai? Te lo scrolli di dosso come un cane uscito dal fiume? E se così era, faceva lo stesso, voleva diventare una donna vera. Poteva sopravvivere all'odore di saliva, alle mani nei capelli a tirare via i sogni. Si sarebbe detta che lei sapeva fare il sesso, che i grandi così lo chiamavano e che adesso capiva perché c'era una parola per ogni cosa. La luce si congeda all'imbocco del sottopassaggio. Sara si lecca un'altra lacrima bastarda che non ricorda che lei è una donna vera. Si struscia via un bacio, quello che ricorda meglio, in quell'angolo in alto a destra della sua bocca a forma di cuore. Lo sbatte a terra con poca cura. Si strofina la frangetta a dita ben distanti per dare volume ai capelli e toglierlo ai pensieri. Inciampa nel filo della cuffia che piomba a picco e divide la musica dal cervello. Un'altra si insinua senza chiedere permesso. È un pizzico all'orecchio, una vibrazione sconosciuta nell'aria rarefatta dei sotterranei romani. Sembra un Tic, un Click, un Bip, o forse è un Cri: una roba che non c'entra con quel luogo, cri cri con tutta quella massa di anime impegnate cri cri ad andare e tornare, ad occuparsi di crescere, di lavoro e del sesso, cri cri cri che se ne frega del suo dolore sordo, che non sa come chiamare per farsi sentire ancora, cri cri dei suoi 17 anni che, pure nelle gambe lunghe, sono sempre corte per saltare le pozzanghere che si sente nelle ciglia. Cri cri cri Sara piange. Le righe di sale rompono gli argini delle palpebre, macchiano le guance tonde di una favola che sta per finire. Cri cri cri Sembra impazzita e forse lo è davvero. Cri cri cri Segue la musica straniera fino a un angolo, una torretta, una traccia nel muro, una luce al neon che la illumina pazza, livida, arrabbiata. Cri cri cri Butta la borsa sul pavimento ciccato e sputato e pestato. Cri cri cri Con le unghie mozzicate insinua le dita nella cerniera dell'armadietto. Cri cri cri Un fulmine stampato le dice che No, che sta sbagliando ancora, per la seconda volta oggi. Cri cri cri Ma il fiume le appanna il senno, cri cri cri la musica è sua e non si ferma, le balla la curiosità e la confonde con la speranza. Cri cri cri Lo sportelletto si apre senza farsi pregare. La musica si ferma, le lacrime si fermano, il dolore pure. Lo vede lì, assiepato tra i cavi arcobaleno come fosse casa sua. Brutto, verde, alato, zamputo. Antenne e occhi di smeraldo. Un grillo. La donna vera lo fissa nello stupore che le serra la bocca e le dilata le palpebre ad ingoiare quel miracolo verde. Il Grillo è brutto, ma non è stupido. Lui lo sa che Sara sta diventando una donna vera. Lei passa di nuovo la manica sugli occhi impiastrati di trucco, ma quello non è un trucco, è una magia e non se ne va col tocco del pile. Il Grillo si gode il momento e senza attendere oltre le riporta la sua musica. Cri Cri È il suo concerto, il suo miracolo di zampette e violino. Cri cri cri Qualcosa che morde lo stomaco, si arrampica a manate su per le viscere, le pompa nel petto, lo allarga, le soffia impetuoso nella trachea, le gonfia le guance, spinge il palato, stira le labbra. Esplode il sorriso. Il Grillo canta e la bimba ride e fanno l'estate sotto la metro. Sara doveva diventare una donna vera e forse le favole finivano quel giorno. Il Grillo non parla, ma canta ancora, canta che anche la vita vera, cri cri, può essere una favola.


in primo piano
Post Recenti
Search By Tags
Non ci sono ancora tag.
Seguici
bottom of page